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SECOND HAND SEPTEMBER: L’USATO PRIMA E DOPO

Da qualche anno la Oxfam, importante organizzazione internazionale che lavora per l’abbattimento della povertà, ha battezzato il mese di settembre con il nome di Second Hand September, con lo scopo di promuovere il mercato di seconda mano.

Settembre è infatti il mese in cui le principali città del mondo organizzano le proprie fashion week, facendosi passerelle delle collezioni primavera/estate dei grandi marchi. Sulla base degli stili, forme e colori presentati dall’alta moda, le catene di fast fashion ideano i concept per la produzione dei capi da presentare non solo nei prossimi mesi, ma già nelle prossime settimane. In questo periodo è dunque di particolare rilevanza fare informazione su quali siano gli incommensurabili danni dell’industria della moda, spingendo lə consumatrici e consumatori ad attingere ad alternative sostenibili: in questa categoria, di certo primeggia l’acquisto di capi usati. Se conosci poco riguardo la problematicità del sistema produttivo del fast fashion, ti rimandiamo all’articolo Thinking Slow: Il vero costo del fast fashion, pubblicato a maggio nel Journal di Nereidi.

Vista dunque l’essenziale importanza che ha assunto il second hand nelle nostre scelte di consumo, è utile fare un punto della situazione.

Da due a cinquantadue

Storicamente il mercato dell’usato è sempre stato la corsia preferenziale delle persone a basso reddito per accedere a capi anche di ottima qualità a prezzi estremamente bassi. Come leggiamo in un articolo di McCloskey e Mosely pubblicato nel Journal of Animal and Environmental Law, fino agli anni ’60 i capi di abbigliamento avevano prezzi molto elevati, presentati in sole due collezioni annuali, e chi li acquistava intendeva utilizzarli per un lungo periodo di tempo, almeno un intero anno. Ciò implicava che per una vasta fascia di popolazione la moda risultava essere proibitiva, e l’usato costituiva l’unica via plausibile all’abbigliamento, assieme all’autoproduzione casalinga. Anche dopo l’esplodere della pluralità di stili, mode e tendenze nel campo fashion dagli anni 60 in poi, il mercato dell’usato era principalmente legato alla beneficienza, gestito tra mercatini ed organizzazioni benefiche.

È però alla fine del secolo scorso che la grande macchina della moda veloce inizia a costruirsi, innescando il processo storico per cui nel giro di 50 anni si è passati dall’avere due sole collezioni annuali alle 52 che i marchi di fast fashion propongono al giorno d’oggi, spingendo le persone al ricercare nuove estetiche da indossare su base settimanale.

Ed è proprio su queste basi che il mercato di seconda mano può affermarsi attraverso la sua più grande potenzialità di mercato: il proporsi come alternativa al fast fashion. Rispetto ad esso, infatti, l’usato non solo può competere con i prezzi delle grandi catene, sovente vincendo a mani basse, ma ha anche l’incredibile vantaggio di poter offrire pezzi unici, introvabili, soddisfando una necessità di originalità nel vestiario che si è imposta più che mai attraverso l’utilizzo dei social network.

Come dice in un articolo de Il Post Hilary Bella Walker, proprietaria del Bivio, una catena di negozi second hand milanesi, «Instagram promuove l’idea dello stile personale e individuale, invita a osare e a mischiare le cose. Non c’è più solo la rivista di moda che ti presenta le ultime collezioni, vedi un sacco di persone che si vestono in modi diversi: questo stile personale lo ottieni prendendo pezzi che nessun altro ha, e questo lo fai in un negozio di seconda mano».

Il boom

Ad oggi sono tanti i portali, i negozi, i siti web che si sono proposti come tramite per favorire un consumo più accessibile dell’abbigliamento second hand. Soprattutto, abbiamo visto nascere le app che consentono alla singola persona di mettere facilmente in vendita tutti quei vestiti mai o non più utilizzati, permettendo a qualcun altro di goderne e così favorendo la lotta allo spreco.

Come leggiamo su Il Post, da febbraio 2020, con lo scoppiare della pandemia, gli shop di abbigliamento usato, già in un contesto di crescita, si sono ampliati come mai prima. Vestiaire Collective ha avuto, a giugno 2020, il 210% di utenza in più rispetto all’anno precedente, mentre TheRealReal – un reseller di articoli di lusso ancorato negli USA – ha venduto il 46% in più rispetto al periodo pre-pandemia; Vinted è stata valutata 3 miliardi e mezzo di euro, ricevendo poi investimenti pari a 250 milioni, così come Depop è stata acquisita da Etsy, dopo aver fatturato, nel 2020, ben 57 milioni di euro. E questa crescita non sembra essere in procinto di arrestarsi.

Secondo il report di ThredUp, uno shop online di abbigliamento usato che si occupa ogni anno dal 2017 di definire l’andamento di questo mercato, dal 2014 ad oggi il second hand ha triplicato il suo giro di affari passando da 11 a 36 miliardi di dollari, prospettando il raggiungimento dei 77 milardi nel 2025. Il dato forse più importante è che, seguendo questa tendenza, nel 2030 il second hand sarà un mercato più grande del doppio rispetto a quello del fast fashion.

Questa potrebbe essere una rivoluzione storica, avvicinandoci ad un mercato più circolare ed incredibilmente più sostenibile. Basti pensare che, sempre secondo ThredUp, la scelta di un capo di abbigliamento usato rispetto ad uno nuovo può comportare un risparmio del 98% di risorse idriche, dell’82% di emissioni di carbonio, e un risparmio energetico del 87%. Per non parlare, inoltre, del capitale umano ed animale generalmente utilizzato nella produzione dei capi, il cui sfruttamento viene risparmiato.

C’è un ma?

L’acquisto di seconda mano può sembrare un win-win, sotto tutti i punti vista.

Si acquista, molto, quanto si vuole, a prezzi bassissimi, sostenendo il mercato circolare e senza causare nessun danno ad ambiente, persone e animali. Se pur ciò sia verissimo, anche il second hand, così come qualsiasi altro fenomeno quando si declina in consumismo sfrenato, potrebbe presentare delle problematiche su cui riflettere.

Nei prossimi giorni vorremmo parlare proprio di questo: rimani aggiornatə sulle attività di Nereidi per saperne di più.

Edoardo Andreoli &

Nereidi Studio

Fonti

https://www.ilpost.it/2021/06/08/app-vestiti-usati-depop-vinted/

https://www.ilpost.it/2020/10/17/abiti-usati-seconda-mano-lusso/

https://www.businessinsider.com/the-problem-with-second-hand-clothes-2013-11?international=true&r=US&IR=T

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